Sempre di qualche anno fa la
foto mitica di oggi, un bel poster decisamente motivazionale che è restato appeso
al muro di fianco al mio trave per anni.
Climber mitico, Mauro
Calibani, la potenza applicata al boulder, peggio di lui a quanto mi ricordi solamente
Malcolm Smith; passaggio altrettanto mitico per diversi motivi, non ultimo
perché è stato il primo a raggiungere il grado allora improbabile di 8C+. Dal
momento in cui è stato salito per la prima volta nel frattempo molte cose son
cambiate: da una parte la chiusura al pubblico di Meschia vecchia, dove appunto
il blocco si trova, dall’altra la ripetizione del blocco e il successivo
ridimensionamento del grado, ma non è questo che m’interessa.
La foto la trovo
semplicemente stupenda, un gioco di luci eccezionale secondo me che mette in
risalto la bellezza e la complessità del blocco, inoltre la linea essenziale e
la roccia con straordinarie forme morbide, semplicemente azzeccata in tutto! Un
blocco che chi l’ha visto da sotto definisce semplicemente senza prese, un
gioco di compressioni esagerate di tutto il corpo, l’allungamento da sotto di
una linea preesistente (“Leonardo”) su un blocco a portata di mano ma che
(ovviamente direi io) non è mai stato cagato più di tanto, dato che intravedere
una linea di salita era già oltre. Questa foto rappresenta per me insieme a
poche altre l’essenza stessa del boulder, ovvero immaginare una linea dove
altri non vedono niente, desiderarla, pulirla, decodificare una sequenza possibile
e portare avanti l’idea che salire quel blocco sia realizzabile. Mi ricordo che
quando avevamo iniziato ad allenarci seria(l)mente col socio alternavamo serate
a Ceva sul mitico muretto dell’Anteo (quando mi manca ragazzi!) a serate di
allenamento a casa, 4 su 5 eravamo sotto col train mentre il venerdì uscivo dal
lavoro e andavo a correre un po’ perché di star fermo non se ne parlava e
quando si stava a casa l’unico attrezzo che avevo a disposizione era un trave.
Dura farla passare, perché comunque un trave è sempre e solo un trave, ci
trazioni, ti ci sospendi, fai qualche tours per svarionare un po’ ma in ogni
caso resti sempre su quel mezzo metro quadro a fare il salame appeso e dopo un
po’ può anche diventare una palla mortale: allora questa foto era lì davanti a
me per ricordarmi che il weekend era vicino e la roccia mi aspettava per far
qualcosa di vagamente simile a quello che stava facendo il Calibba, ovvero
bloccare a tutto spiano e divertirmi come un matto per intere giornate. Mi
ricordo che al tempo per me esistevano solo le Venom della Sportiva, da un lato
perché mi ci trovavo da Dio dall’altro perché onestamente il mio desiderio di
emulazione superava l’aspetto puramente critico; inoltre alzavo quanta più
ghisa possibile perché ero fermamente convinto che aumentare a dismisura la
massa potesse aiutarmi ad arrampicare meglio, e anche qui onestamente, seppur a
livelli inarrivabili per me, il braccino di Mauro un po’ invogliava…
Tonino78 è stato forse
l’apice della carriera di Calibani, che dopo aver vinto un campionato del mondo
ha portato la sua classe sulla roccia, dopodiché è riuscito a realizzare il
sogno E9 e successivamente ha unito il tutto per vivere a pieno d’arrampicata
in modo, direi, intelligente. Nel frattempo questa linea è caduta nel
dimenticatoio mediatico complice anche la chiusura dell’area d’arrampicata ma
verrà comunque per sempre ricordata come un ennesimo step nella scala delle
difficoltà o quantomeno come il simbolo della volontà di alzare l’asticella e
questa foto per me è tuttora il simbolo di un periodo in cui era quasi
tutto nuovo e avevo una voglia infinita solamente di arrampicare, allenarmi e
scoprire, come e più di oggi.
Nessun commento:
Posta un commento