In questo caso forse più che
sconosciuto sarebbe meglio dire non frequentato, anche se onestamente non ho
mai capito bene il perché. OK, la roccia è dolorosa, i gradi non sono regalati,
il tipo d’arrampicata è abbastanza strano e le condizioni buone son difficili
da trovare ma a parte tutto questo è forse lo spot cuneese dove ho trovato più
lungo ma da cui ho ricevuto le maggiori soddisfazioni e che ho sicuramente
frequentato di più negli anni.
Immaginate di avere a
disposizione dei blocchi favolosi spersi su un pratone e tutti piuttosto vicini
l’uno all’altro con passaggi per tutti i gusti e difficoltà. La roccia
granulosa non perdona e la pelle va via come neve al sole, qui si arrampica su
tacche, svase o su piccoli cristalli che in determinate giornate sembrano
impossibili da tenere; le difficoltà son compresse, molto o il giusto dipende
dai punti di vista, ma di regalato non c’è nulla. Qui non basta aver braccia,
anzi, prima di tutto dita che strizzano e piedi che spalmano, non si arrampica
a testa in giù ma spesso sul verticale o leggermente strapiombante. Non si
trova mai la fila, anzi in diversi anni che l’ho frequentato sarà capitato
massimo una decina di volte di trovarci qualcuno (sempre gli stessi peraltro),
ma il bello sta forse proprio nel fatto che scendi dalla macchina e t’immergi
nella solitudine della montagna in completo relax, butti il pad sul prato ed
inizi a martellare. Posto storico dell’arrampicata cuneese, frequentato da
decenni, ciclicamente dimenticato e “ritrovato”, dà il meglio di se in autunno
quando le condizioni di colla si fanno vedere anche se per brevi periodi, in
quelle giornate fredde e secche dove ogni presa ti sembra più tenibile del
solito. Ho ricordi stupendi qui, in particolare su quella che ancora adesso è
forse la linea che più di ogni altra mi ha dato soddisfazione salire, “You”
sit: solo 7C ma per me di un duro allucinante, non so quante giornate ci abbia
passato sopra a fare tentativi per poi ritrovarmi in una giornata di colla in
cima, incredulo. Oppure “King kong”, forse il passaggio top del cuneese, un
must per ogni blocchista, il mio primo 7A anni fa che ancora ricordo con
piacere, ripetuto poi decine di volte anche sit, una vera goduria da salire. Oppure
ancora “Le mur de jean”, uno di quei blocchi che prima è meglio fare e poi dare
uno sguardo in guida al grado perché non è un passaggio per chi ha il 7A! Cosi
come il tecnicissimo “The sting”, anche qui se sei tranquillo sul 6A molto
probabilmente non alzerai i piedi dal pad…”Carta vetrata” e “Black hole” non so
quante volte li avrò fatti, non mi stanco mai, ogni volta è sempre un piacere
che non vorresti finisse mai talmente è bello ogni singolo movimento che ci fai
sopra!
Purtroppo il potenziale qui non è altissimo, le linee logiche son finite
e le forzature qui ci stanno proprio male, ma per un livello medio direi che di
giornate da spenderci ce ne stanno parecchie; per quel che mi riguarda mi
restano ancora due bestie nere, “Ambrosia” e “The Twins”. La prima aperta dal
mitico Core dei tempi migliori, un bel test di dita ed aderenza unite ad una
discreta resistenza per un traverso che vale 7C+ (duro), forse non una delle
linee più belle dell’area (secondo me) ma chiaramente un bel regalo che vorrei
farmi. La seconda invece tentata da molti per anni, dallo stesso Core in una
delle sue salite qui, e risolta invece da Ale (Penna) con relativa facilità
direi quasi, visto che l’ha stampata una sera d’estate con la sugna che ne
consegue. Una linea mostruosa, il blocco per eccellenza, 3 movimenti di potenza
pura e dita d’acciaio su un pannello leggermente strapiombante, ripetuta per
ora solo da 2 persone e che per me continua a restare un sogno, anche se
onestamente non è proprio il tipo di passaggio che mi si cuce addosso per le
mie caratteristiche ma che nonostante tutto continuerò a provare per un bel
po’. Non fosse altro che tornare qui per me è sempre un piacere infinito!
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