Con una giornata come quella di ieri il minimo era
rischiare. Rischiare il posto, vista la neve scesa nei giorni scorsi, rischiare
con le previsioni, dato che col vento non sai mai quello che poi arriverà
realmente, però avevo troppa voglia di roccia dopo due weekend compromessi e la
decisione è stata azzeccata in effetti.
Scelto all’ultimo il posto, la collina sopra Altare,
velocemente carico la macchina mangio un panino al volo e scappo dall’ufficio
con un cielo splendido; il vento già si fa sentire in autostrada ma il peggio
onestamente deve ancora arrivare… appena scendo dalla macchina mi rendo conto
che son cazzi, ho dimenticato i guanti e il cappello, anche perché a marzo non
ti aspetti di averne realmente bisogno, ma la temperatura è decisamente più
bassa del reale visto il vento che tira. Già arrivare al parco eolico è una
mezza impresa, devo scendere più volte per togliere dalla strada rami e pezzi d’albero,
poi arrivato su mi rendo conto che pur essendo una giornata stupenda il posto è
ben più inquietante del solito! Me ne sbatto le palle, son qui per arrampicare
e soprattutto per rispolverare qualche buon tentativo su “the king” abbandonato
lo scorso anno e che mi è girato in testa per tutto questo tempo in attesa di
poterci rimettere mano.
Velocemente mi scaldo (un eufemismo), l’aderenza è
innaturale, fuori norma, è impossibile sudare ma soprattutto la roccia, qui decisamente
dolorosa e abrasiva, con queste condizioni diventa carta vetro spalmata di puntine
da disegno; cerco di nastrare almeno per i primi tentativi e tenere la pelle
per i giri buoni, ma anche il nastro dura 2-3 giri e poi si arriva alla carne. Nei
riposi cerco di ripararmi alla bell’e meglio in grotta, ma non riesco a sentire
le dita quindi ogni presa diventa un punto interrogativo da gestire; sento
subito però che gira bene, decisamente meglio dello scorso anno, rimetto
insieme la methode, piazzo per bene i pad (anche perché l’alternativa è minimo
un’anca a puttane…) e decido di partire da sotto. Faccio un paio di giri buoni,
arrivo oltre la tacca fuori del pannello quindi mi dico che se ci cado sopra e
la strizzo son all’80% del passaggio, quindi decido di riposare un attimo e
farmi di RedBull per svegliarmi un po’ dal torpore dovuto al vento incessante. Appena
parto le tacche le sento bene, le dita si son scaldate un po’, quindi prendo,
arrivo alle prese a metà e mi preparo al lancio ma appena stacco ricado
miseramente sul pad come se le braccia mi avessero abbandonato… non capisco
subito, ma lo sguardo scende all’appoggio di destro, l’unico nel muro e anche
il decisivo… rotto… delusione totale. Già prima non era proprio un passaggio
facile, Core è risaputo che non regala niente e sui muri a tacche ancora meno,
ma adesso diventa un legno assurdo per me. Inoltre ogni tentativo successivo
sgretola sempre più il cristallo fino a che praticamente il lancio si fa in
spalmo, quindi si arriva alla tacca ma perdendo i piedi sei subito contro il
roccione dietro ed è tutto da rifare. Dopo 3 ore decido che è arrivato il
momento di mollare, in queste condizioni anche le braccia dopo un po’ faticano
a chiudere, alla faccia di chi dice che far blocchi è rilassante ieri è stata
una giornata decisamente spessa sotto molti punti di vista: l’ambiente
opprimente, il freddo allucinante e soprattutto la delusione di dover tornare a
casa a mani vuote. Però son contento, non è andata male e ci ho creduto fino
alla fine, tra l’altro neanche ora mi passa per la testa di mollare anzi. Non vedo
l’ora di tornare, più preparato, e martellare ancora, perché anche se forse ora
è oltre per me e forse è davvero un passaggio che richiede un allungo che non
credo di avere voglio provarci perché non mi piace vincere facile. Moonboard insegna!
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